I contatti, mai infrequenti in Formula E, hanno riportato in auge il tema della sicurezza e se non mancano le richieste di introdurre nuovi autodromi permanenti, ci si interroga sul rischio di ‘snaturare’ il fondamento della categoria
Gli incidenti dell’E-Prix di Roma hanno riportato in auge il tema della sicurezza in Formula E. Un tema declinabile, in quest’annata, nel ‘rapporto’ tra le Gen 3 e i circuiti cittadini. In effetti, le Spark di ultima generazione – grazie alla ricerca e allo sviluppo delle motorizzazioni – hanno raggiunto dei picchi prestazionali non dissimili dalle vetture turismo.
Eppure, i circuiti in molti casi continuano a rimanere i toboga di sempre, tra pericolosi muretti e con asfalti, il più delle volte sporchi e sconnessi. Suddette sedi stradali, dunque, non sarebbero certamente funzionali per delle competizioni sul filo dei 200 km/h.
Nel contempo, è anche vero che intervenire – in molti casi – significherebbe stravolgere dei complessi metropolitani, con ripercussioni sulla vita di milioni di cittadini e sulla mobilità locale. In questo senso, i margini di manovra, rimangono tutto sommato ristretti. La FIA compie le proprie valutazioni e certifica i circuiti. Il resto viene di conseguenza.
Correre nel cuore delle città
La categoria elettrica, sin dagli esordi, ha puntato sulla possibilità di correre nei cuori delle città, rendendo questa peculiarità la cifra della propria esistenza.
Un paradigma innovativo – soprattutto se implementato in ‘mercati’ quali l’Europa e il Giappone – finalizzato agli spettatori e che ha puntato sul convolgimento attivo dei centri metropolitani, piuttosto che ‘sclerotizzare’ gli eventi negli autodromi, spesso nelle periferie.
Leggi anche: Formula E | Roma E-Prix – Gara 1, Bird furente dopo la collisione del giro 9: “Bisogna intervenire sul tracciato”
Con gli anni, tuttavia, non sono mancate le gare organizzate negli impianti permanenti. Basti solamente citare Valencia o Portland. I risultati, con tutte le difficoltà annesse (soprattutto nel caso spagnolo), non sono sempre stati di primo livello.
La necessità di gestire l’energia su percorsi più lunghi del normale ha estremizzato la componente tattica – per altro già di per sè preponderante – e ha reso le gare ancora meno intelligibili e comprensibili. Un aspetto che ha disorientato maggiormente chi non segue abitualmente la Formula E.
Tra le difficoltà logistiche, le esigenze dei comuni cittadini, la volontà di non snaturarsi, pervenire a una sintesi può sembrare un esercizio impossibile da solvere. Il dilemma rischia dunque di rimanere insoluto.
Un dibattito aperto
Nel post Gara 1 di Roma, Paddock News 24 ha potuto interrogare sulla questione due veterani: Stoffel Vandoorne e Lucas Di Grassi. Certamente, le impressioni ‘a caldo’ – un vero eufemismo, viste le temperature roventi del fine settimana capitolino – erano influenzate dal terribile incidente di Bird, ma le rispettive analisi hanno posto in essere plurimi punti interessanti.A maggior ragione, data l’esperienza degli intervistati.
Dinamiche, sulle quali financo la stessa Formula E potrebbe riflettere nell’immediato futuro, implementando quel tema ‘sicurezza’ con delle scelte che tengano conto dei vari interessi in gioco.
Per esempio, l’ex pilota della McLaren in Formula 1 – a proposito della “difficile” curva 6 di Roma – è stato piuttosto lapidario. “La pista al momento è questa“, ha dichiarto l’alfiere DS Penkse.
E più in generale: “Abbiamo raggiunto delle velocità notevoli, ma non vedo una soluzione immediata a questo genere di problematiche. Siamo aperti a qualsiasi soluzione, ma personalmente sento che il DNA di questo campionato sia correre nelle città“.
L’attrazione per le sfide
Questa dicotomia, quella tra la ‘sfida’ e i ‘pericoli’ in questa insiti, è stata il nocciolo anche del ragionamento di Lucas Di Grassi. Il brasiliano si è soffermato su cosa significhi, per questi atleti, guidare in piste tanto complesse, quanto probanti. Ancora una volta, la curva 6 di Roma è assurta ad esempio paradigmatico.
“La curva 6 è una una curva veloce di un tracciato cittadino ed è per questo molto difficile di per sé. In quel punto l’asfalto è molto sporco. Questo, però, rappresenta al meglio l’essenza di queste gare“, ha spiegato il brasiliano.
“Non ha senso speculare sull’inserimento di nuovi traccianti non cittadini. Ciò che rende queste piste in città così speciali è quello che poi le rende complesse. Senza avvallamenti, con asfalti piatti, non avremmo alcun motivo d’interesse. Quando la FIA omologa i tracciati, significa che allora li si può correre senza problemi“, ha concluso l’alfiere della Mahindra.
Rimani sempre aggiornato sulla Formula E entrando nel canale Telegram specifico.
Seguici sui social: Telegram – TikTok – Instagram – Facebook – Twitter