In questa edizione del Milano Monza Motor Show è sbarcata sul circuito brianzolo anche la Indy Autonomous Challenge, competizione completamente incentrata sulla guida autonoma.

Crediti immagine: Marco Borgonovo
Le auto a guida autonoma della IAC (acronimo per Indy Autonomous Challenge) si sono sfidate sul circuito di Monza durante questa edizione del MIMO. Il pensiero di auto che sfrecciano lungo i rettilinei del “Tempio della velocità” potrebbe sembrare assurdo. A dire il vero, questa realtà competitiva è in sviluppo, grazie ai futuri ingegneri e dottorandi delle migliori università del mondo. A vincere, nonostante un weekend complicato sin dall’inizio, sono stati gli studenti del del Politecnico di Milano. Alcuni di loro ci hanno svelato dettagli e interessanti spunti di riflessione, ma scopriamo insieme in cosa consiste questo nuovo orizzonte.

Indy Autonomous Challenge: dagli ovali ai circuiti più complessi.
La Indy Autonomous Challenge, come suggerisce il nome, è una nuova competizione strutturata attorno alla guida autonoma dei prototipi Indy costruiti da Dallara. In particolare, viene offerto dall’azienda emiliana un telaio molto simile a quelli che si trovano in Indycar, attorno a cui strutturare un software per la guida autonoma. La sfida giunge per la prima volta in un circuito europeo, con più insidie rispetto ai classici circuiti ovali americani. Cambi di direzione rapidi, rettilinei con staccate profonde e passaggi con minore visibilità. Le Dallara AV-23 sono guidate in un weekend di gara completo (nel caso specifico di Monza: 3 turni di prove libere, 2 qualifiche e gara alla domenica) tramite imponenti software di controllo che utilizzano sensori ed enormi architetture informatiche gestite dagli studenti delle università presenti. Caratteristica molto importante di queste vetture è l’alimentazione: il motore, nonostante tutti gli indizi portino a pensare che sia elettrico, è a combustione!
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Crediti immagine: Marco Borgonovo
Quattro chiacchere con gli studenti del Politecnico di Milano
I grandi protagonisti della competizione sono gli studenti, che riescono a progettare tutte le architetture necessarie a spingere questi prototipi a velocità impensabili fino a qualche anno fa. Siamo riusciti ad intervistare qualcuno degli studenti presenti, che ci ha spiegato il funzionamento dell’auto. Nonostante il lavoro sulla programmazione (vengono utilizzati soprattutto C++ e Simulink), non sono da sottovalutare i problemi meccanici. Infatti, proprio alle porte di questo weekend, il team del Politecnico ha avuto un guasto allo sterzo che ha causato un incidente, di fatto distruggendo la macchina. In pista hanno portato dunque la versione B dell’auto del team, che non riceveva aggiornamenti da parecchio tempo. La chiaccherata ha spaziato anche su altri aspetti delle vetture, che sono il più possibile identiche per assetti e aerodinamica. Infatti, le soluzioni meccaniche trovate da ciascun team devono essere comunicate all’organizzazione, che a sua volta le diffonde tra gli altri studenti. Lo sviluppo sulla vettura è dunque limitato, lasciando i più ampi margini di miglioramento sui software e sull’intelligenza artificiale. A conclusione dei discorsi, una curiosità che ci ha lasciato un po’ stupiti: la comunicazione con le case automobilistiche per lo sviluppo di modelli stradali a guida autonoma è quasi inesistente!
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