IndyCar | Con l’ibrido, Scott McLaughlin ha riscritto una statistiche delle qualifiche

Alla vigilia del Thermal Club è risaltata una statistica di merito, che ha visto Scott McLaughlin come il migliore nelle qualifiche da quando in IndyCar ha esordito l’ibrido

Da quando lo scorso anno, a Mid-Ohio, in IndyCar ha esordito l’ibrido, Scott McLaughlin è divenuto il miglior pilota per posizione media delle qualifiche. Lo ha sottolineato RACER, spiegando che in questo periodo – ossia in un arco di dieci gare – il suo risultato medio sul giro secco dell’alfiere del Team Penske è stato (come posizione) 4,2. Alle sue spalle, Colton Herta (Andretti Autosport) e Alex Palou (Chip Ganassi Racing), entrambi a quota 8.

Dal traguardo di Mid-Ohio fino a quello dell’evento inaugurale – nel 2025 – di Saint Petersburg, il neozelandese ha ottenuto anche un vantaggio significativo con un risultato medio per piazzamento in gara pari a 5,0. In termini di paragone sono più di due posizioni intere rispetto agli stessi Herta (7,2) e Palou (7,3).

In primo luogo, dunque, sembra che il neozelandese abbia preso le misure – se non al massimo, almeno in misura maggiore di altri piloti – alle ‘nuove’ monoposto turbo-ibride. Le riviste unità motrici, infatti, hanno aggiunto al retrotreno delle vetture 120 libbre (oltre 54 chilogrammi).

Le riflessioni di Scott McLaughlin

McLaughlin ha esordito in IndyCar nella gara conclusiva della stagione 2020, a Saint Peterbsurg, proprio con il Team Penskle e da allora ha ottenuto sette vittorie, nove pole position e diciannove podi. Oltre i risultati, l’ex stella del V8 Supercars si è legittimato per le sue prestazioni solide e per la sua costanza di rendimento. Costanza, che sembrerebbe essersi rafforzata nell’ultimo anno.


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Di questo, il nativo di Christchurch ha parlato, sempre a RACER. “Non so davvero come sia possibile”, ha detto il classe 1993 con una risata. “Penso solo che io e il mio ingegnere Ben Bretzman abbiamo trovato un bilanciamento ragionevole. Personalmente, mi limito a guidare la macchina il più velocemente possibile. Fortunatamente non male”.

E ancora: “Nei test a Sebring e a Barber alla fine non mi sono trovato bene. Poi sono arrivato a Saint Petersburg, siamo stati veloci e abbiamo fatto la pole position. Quindi non saprei che dire. Di sicuro, però, mi sto godendo l’ibrido. Davvero. Mi piace la sua complessità, così come cercare di capire i livelli di energia, il suo funzionamento, dove e come cambia durante il giro”.


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L’aver guidato dei mezzi più pesanti di una monoposto dell’IndyCar potrebbe averlo aiutato. In questi termini: “Penso che il peso in più mi aiuti un poco. Sono infatti abituato a quello, se non altro di più di chi ha guidato solo vetture a ruote scoperte. Con l’ibrido si cambiano continuamente le cose mentre si guida, come in Supercars. Si cambia sempre l’auto, si spostano le leve della barra antirollio o si sposta la polarizzazione dei freni, da una curva all’altra“.

Poi, ha aggiunto: “Sono tutte operazioni che si svolgono con un’auto pesante e con le quali probabilmente mi trovo un po’ più a mio agio. La pesantezza intorpidisce la macchina, ma devo capire cosa è veloce. Come mi diceva il mio capo ai tempi della Supercars, Garry Rogers. Lui non si lamentava più di tanto e si limitava a dirmi di capire al meglio come guidare una certa macchina. In caso contrario, se non fossi stato abbastanza bravo, mi diceva avrebbe preso qualcun altro“.

IndyCar Ibrido Qualifiche McLaughlin
L’ibrido ha cambiato l’IndyCar e lo si è visto a partire dalle statistiche, anche nelle qualifiche, con le posizioni medie di Scott McLaughlin – RACER/Michael Levitt/Lumen

Il numero 3 ha così concluso: “Visto questo storico, per me è la situazione è divenuta letteralmente quella secondo cui basta entrare e guidare alla grande. Io cerco di agire così”.


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Copertina: Chris Jones/Official NTT IndyCar Series Website Credits

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