IndyCar | Le differenze con la F1? Ecco il parere di Pato O’Ward

Pato O’Ward, protagonista nella IndyCar e pilota di riserva McLaren in F1, ha posto l’accento sulle differenze metodologiche tra le due categorie, rimarcandone la diversità

Le differenze nel lavoro, tra IndyCar e F1, sono molto importanti e non devono essere sottovalutate, ha spiegato Pato O’Ward. Il messicano, portacolori Arrow McLaren negli Stati Uniti e pilota di riserva McLaren in F1, ha potuto confrontare le diversità tra i due più importanti campionati ‘a ruote scoperte’. Fondamentalmente, muovendo dalla sua esperienza personale.

Nel 2023, infatti, il classe 1999 non ha soltanto corso da ‘titolare’ oltreoceano. O’Ward ha preso anche parte alle FP1 del Gran Premio di Abu Dhabi con la McLaren MCL60. Una monoposto, quella di Woking, poi pilotata anche nei test post-GP, sempre a Yas Marina.

Al cospetto di un adattamento tutt’altro che facile, comunque, prima di ogni altra cosa, a far testo devono essere i risultati. Questa, in sintesi, la filosofia del nativo di Monterrey.

Differenze in pista, come fuori

Intervistato da RACER, il portacolori Arrow McLaren ha spiegato la sua interpretazione. “Ci vuole tempo per adattarsi al diverso modo di lavorare e alla diversa atmosfera che si respira in un paddock di F1“, ha sottolineato O’Ward. “L’atmosfera in un paddock di F1, rispetto a quello della IndyCar, è molto diversa. Nel Circus è sicuramente molto più orientata al business. Invece, l’IndyCar in questo momento è sicuramente la mia casa“.


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Il messicano, poi, ha aggiunto: “Ecco perchè, quando partecipo ai fine settimana in F1, a volte mi sento ancora un po’ un estraneo. Certo, c’è stato un miglioramento, vivendo situazioni in cui non mi ero mai trovato prima, ma ci vuole tempo. Non sono cambiamenti che avvengono da un giorno all’altro“.

Il fattore geografico non è rilevante

In ogni caso, per essere al vertice, non hanno rilevanza né la provenienza geografica, né la cultura motoristica di base.

A tal proposito, così il campione Indy Lights 2018 si è espresso, prendendo in prestito la parabola di Logan Sargeant: “Non sono d’accordo sul fatto che, non essendo cresciuto nei ranghi americani, non sia molto conosciuto. Anche tutti gli altri ragazzi si sono formati in Europa, ma sono molto conosciuti in America. Non credo sia importante se la tua educazione sia avvenuta o meno in America“.


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E ancora: “Per essere onesti, molti americani non hanno idea di cosa sia la IndyCar. Quindi non credo che faccia la differenza. Contano i risuoltati. Vi garantisco che non appena inizierà a ottenere delle prestazioni di rilievo, il riconoscimento passerà da quello che è ora a un numero multiplo di cinquanta, da un giorno all’altro“.

Un futuro in F1 per O’Ward?

Tornando invece a riflettere sul suo futuro, il numero 5, si è detto molto lontano da un futuro nel Circus. Guidare una F1 resta una grande opportunità da valorizzare. Per quanto piacevole, il lavoro è stato enorme. Manca ancora molto per arrivare al livello necessario per la F1. Ad aumentare le difficoltà, la necessità di convivere con un’ambiente così diverso dalle mie abitudini“.

Tuttavia, O’Ward è stato anche abbastanza esplicito sulle sue aspirazioni. “Ci sarà da faticare, non lo nascondo, ma mi vedo nel Circus. Voglio davvero spingere e trovare qui il mio posto. Certo, ho molti obiettivi in IndyCar da raggiungere, ma mi piacerebbe una sfida in F1. So di potercela fare e di poter raggiungere lo status che ho in IndyCar, anche in F1. Ossia, giocarmela, sempre e comunque“.

Realisticamente, però, nel concludere l’intervista, O’Ward ha anche riconosciuto i principali ostacoli che attualmente esistono. “Ho queste prospettive, ma non saranno sufficienti la notte e il giorno per guadagnare questo risultato“, ha detto il centroamericano. “Servirà un impegno grandissimo. Per sentirmi come in IndyCar, che è una seconda natura, devo ancora imparare molto“.

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Pato O’Ward, qui alla guida della Dallara IndyCar numero 5 dell’Arrow McLaren – Richard Dole/LAT Images/Working On My Redneck Credits

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Copertina: Glenn Dunbar/Motorsport Images/RACER Credits

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