L’esordio dei motori ibridi nella IndyCar è stato rimandato, motivo per cui, almeno per la prima parte del 2024, si gareggerà soltanto con le unità termiche
L’IndyCar ha deliberato che l’esordio ufficiale dei nuovi motori ibridi – previsto per l’inizio del 2024 – avverrá soltanto dopo la prossima Indianapolis 500. Un annuncio non certo inaspettato, dopo le indiscrezioni degli ultimi giorni, ma che rischia di minare la credibilità della serie. Al contrario, nelle ultime stagioni, l’IndyCar ha conosciuto una rinnovata popolarità – anche all’estero – sia tra gli appassionati, che tra gli addetti ai lavori.
Ritrovarsi di fronte ad un contrattempo del genere, così grave – dopo i precedenti ritardi – è un campanello d’allarme. La prospettiva di un campionato diviso in due fasi, in effetti, pone in essere tutta una serie di dubbi che neanche la pista dissiperà.
I dubbi aumentano
“L’atteso debutto della nuova unità motrice è previsto dopo la 108° 500 miglia di Indianapolis, nella seconda metà della stagione 2024 della IndyCar Series“, ha confermato la categoria nel comunicato rilasciato lo scorso 7 Dicembre.
Non sono bastate 15.256 miglia di test – da Agosto – per presentarsi in regola ai nastri di partenza. Tra l’altro, non è stato ancora definito come l’ibrido (l’accumulatore si baserà sui supercondensatori) si ricaricherà. Se in frenata, oppure se assorbendo in parte la potenza del motore termico. La scelta dell’una, piuttosto che dell’altra opzione, avrà delle ricadute fondamentali sulle strategie in gara.
In attesa di giugno 2024, spazio per altre prove
Il 2024, dunque, servirà in primis per testare ulteriormente le unità ERS (Energy Recovery System). In secondo luogo, una volta raggiunto un livello di affidabilità soddisfacente, inizierà la produzione di massa. Realisticamente, i nuovi motori ibridi potrebbero debuttare a Detroit.
“La collaborazione tra Chevrolet e Honda è stata fenomenale“, ha voluto sottolineare Jay Frye, vertice della categoria. “Il motore ibrido è una meraviglia ingegneristica. Ci stiamo impegnando al massimo, affinchè la sua introduzione per la prossima annata sia un successo“.
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Tuttavia, da Indianapolis hanno anche specificato che sin dalla ‘prima’ di Saint Petersburg, i prototipi Dallara saranno quelli previsti per ospitare le prossime motorizzazioni. Dunque, le monoposto disporranno di telai più leggeri che potrebbero migliorarne le prestazioni velocistiche.
Capitolo Honda: quale futuro nella categoria?
Non fosse abbastanza, ad ingarbugliare ulteriormente la situazione ci si è messo Chuck Schifsky, dirigente di American Honda Motorsports (AHM). Come noto, infatti, l’intenzione della IndyCar – nell’aggiornare il regolamento tecnico – era invogliare un terzo motorista ad entrare. Tutto questo, ovviamente, contando sull’impegno a lungo termine di Ilmor/Chevrolet (General Motors) e della stessa Honda.
Invece, a quanto pare, il colosso nipponico – spaventato dall’aumento delle spese – starebbe meditando di lasciare la serie al termine del 2026. Per la categoria statunitense sarebbe un colpo durissimo. Honda, infatti, è presente nel giro dell’Automobile Competition Committee for the United States dal 1994, sin dai tempi dell’allora CART.
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“Siamo molto preoccupati per i costi“, ha dichiarato Schifsky a RACER. “Se dovessimo scegliere di non rinnovare, questo sarebbe il motivo. Non è difficile da capire. E’ evidente perché non c’è spazio per un terzo fornitore. La mancanza di sostenibilità economica. Se invece il ritorno sull’investimento corrispondesse all’investimento, avremmo un certo numero di altre case costruttrici coinvolte“.
Nell’ammonire ulteriormente la serie nata nel 1996, il manager statunitense ha invece lodato l’impegno di Acura nell’IMSA. Dal suo punto di vista, un esempio virtuoso di come il valore dell’investimento venga prontamente premiato dalla risposta dell’industria automobilistica.
Poi, ha aggiunto: “Stiamo cercando di modificare i regolamenti sui motori per tagliare milioni di costi tecnici annuali. Al contrario, i soldi sarebbero troppi e ci dedicheremmo a qualcos’altro. Che sia la NASCAR o il rafforzamento del nostro impegno in Formula 1. Non è nemmeno escluso che potremmo dedicarci a qualcosa che non abbia nulla a che fare con lo sport del motore“.
Meno vetture, più costruttori
Continuando l’intervista, Schifsky ha rilanciato i propositi e le intenzioni su cui Honda rinnoverebbe il proprio impegno. Nel prossimo futuro, per cercare di mitigare le spese, il dirigente ha decisamente auspicato un cambio di rotta, che potrebbe lo stesso passare attraverso un disimpegno parziale.
Un’opzione ‘intermedia’, che avrebbe un impatto più morbido ma non meno problematico. La possibilità di un disimpegno parziale si tradurrebbe nel supportare un numero inferiore di scuderie – rispetto alle quattro del 2024 – lasciando più spazio all’auspicato terzo marchio. “In quel caso le nostre prospettive cambierebbero notevolmente, basti immaginare che ora forniamo quattordici, quindici vetture“, ha detto Schifsky. “Qualora invece scendessimo a a nove o dieci, ridurremmo sicuramente i costi e miglioreremmo il rendimento“.
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Copertina: Joe Skibinski/Official NTT IndyCar Series Website Credits