Ricorre oggi l’anniversario del Crashgate: a 15 anni dal misfatto, Felipe Massa chiede ancora giustizia per quel Mondiale F1 “rubato”.
Il 28 Settembre 2008 va in scena il Crashgate, uno dei fatti più vergognosi della storia recente della F1: Nelson Piquet Jr. va a muro, Alonso vince la gara e Felipe Massa perde punti essenziali per il Mondiale. Un evento che, dopo quindici anni, ancora cela diversi segreti, alcuni (forse) portati fin nella tomba.

Gli eventi in gara sono, oramai, un cult nella Formula 1: al giro 13 del GP di Singapore 2008, Nelson Piquet Jr. va a muro. La Safety Car che porta con sé l’incidente crea il caos. Un caos da cui emerge vincitore Fernando Alonso, compagno di squadra in Renault del giovane Piquet. Felipe Massa, in piena lotta Mondiale, è costretto al ritiro per un problema nel pit stop.
Un incidente strano, che già allora generò molteplici teorie del complotto fra tifosi e appassionati. La cronaca ci racconta di come le indagini della FIA, l’anno successivo, portarono alla luce la verità: Flavio Briatore, all’epoca team principal del team francese, e Pat Symonds, direttore tecnico, ricattarono il pilota brasiliano per il sedile della stagione successiva. Riconosciuto l’imbroglio, però, la FIA non toccò l’esito della gara (e del Mondiale, vinto poi da Lewis Hamilton).
Qualcuno sapeva, qualcun altro no
La vicenda, dopo le condanne ai colpevoli (squalifica per Symonds e Renault, radiazione per Briatore), viene pian piano sepolta. Con il passare degli anni, l’unico a chiedere ancora giustizia sembra essere Felipe Massa. Fino a quando, qualche mese fa, Ecclestone non dichiara ad F1-Insider che “la FIA sapeva già tutto, ma non indagò“. Una dichiarazione che scoperchia il Vaso di Pandora chiuso quindici anni prima e che dà la possibilità a Massa di intraprendere nuove azioni legali.
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Secondo Bernie Ecclestone, che poi ha negato di aver fatto quelle dichiarazioni, la FIA scelse di non agire per evitare un altro scandalo, dopo la spy story del 2007. Ma cosa sapeva, esattamente, la Federazione? Motorsport.com, da alcuni filmati tagliati dal documentario “Mosley: It’s Complicated“, ha dato una risposta. In quei video, Charlie Whiting, ex direttore di gara della F1, scomparso nel 2019, afferma di aver ricevuto la prima “soffiata” dal padre di Piquet già in Brasile, nel 2008.
Whiting riferì a Max Mosley, allora Presidente della FIA e scomparso a sua volta nel 2021, della conversazione avuta con Piquet Sr. Mosley, però, non ritenne di avere le prove necessarie per avviare un’indagine, sebbene ciò confermasse quello che il Presidente della Federazione “già sospettava“. Soltanto nel GP del Belgio 2009 vennero inviati investigatori nel paddock e la verità venne lentamente a galla.
Una vicenda inconclusa
A seguito delle dichiarazioni di Ecclestone, Felipe Massa ha annunciato di voler fare ricorso. L’oggetto dell’azione legale sarebbe l’esito della gara di Singapore che, a fronte dei fatti recentemente emersi, dovrebbe essere cancellato. Ammesso che tale ricorso venisse accettato, però, non è detto che il Mondiale sarebbe assegnato al brasiliano: all’epoca, infatti, il regolamento sportivo rendeva intoccabile la classifica finale, dopo la cerimonia di premiazione FIA.

Felipe Massa ha cercato appoggio un po’ ovunque, in F1, dalla Ferrari fino allo stesso Lewis Hamilton, che ha però dichiarato di “non ricordare” neanche gli eventi dei quel 2008. La stessa Scuderia di Maranello, attraverso Frederic Vasseur, ha fatto capire di non avere interesse nel modificare i risultati di quel Gran Premio. L’unico personaggio di rango elevato che ha mostrato un certo interessamento alla vicenda è Toto Wolff.
In effetti, per il team principal Mercedes, l’eventuale cancellazione del GP di Singapore del 2008 potrebbe aprire le porte ad una nuova azione legale, riferita ad Abu Dhabi 2021. Anche in quell’occasione, la FIA “riconobbe” un proprio errore nella gestione della ripartenza, dopo l’incidente di Latifi. Insomma, a 15 anni dal misfatto, il Crashgate resta più aperto che mai.
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