Da cosa derivano le loro performance? Perché Antonelli e gli altri rookies non sembrano soffrire il salto di classe tra i veterani? Per Bruno Michel le loro prestazioni sono una prova della crescita delle Academy dei team di F1.
La F1 per il 2025 spalanca le porte ai rookies: prima Bearman, poi Colapinto ed Antonelli, fino ad arrivare all’annuncio di Doohan in Alpine. Incoraggiati anche dalle prestazioni di questi ultimi nelle rare occasioni avute nel corso dell’anno, sempre più team decidono di fare affidamento sui ragazzi delle proprie Academy.
Ad inizio anno Oliver Bearman stupiva tutti, portando a casa punti importanti a Jeddah. Quando venne chiamato a sostituire all’ultimo minuto Carlos Sainz Jr. per problemi d’appendicite, forse nessuno (o quasi) immaginava una gara solida come quella poi effettuata dal prossimo pilota Haas. Se Ollie ha indicato la via, Colapinto e Antonelli ne hanno seguito le orme, il primo con ottime prestazioni dalla metà della stagione in Williams, l’altro durante le libere a Monza su Mercedes.
Inoltre, l’impressionante debutto di Colapinto alla Williams sta scatenando le trattative per un prestito di due anni alla Sauber/Audi.
DA DOVE ARRIVANO I ROOKIES DELLA F1?
Antonelli e Bearman sono già stati confermati da tempo nella griglia di partenza della F1 del prossimo anno. Se il pilota britannico partirà dalla Haas, l’adolescente italiano si troverà, invece, da subito in uno dei team storici e più vincenti in griglia, la Mercedes.
Recente è, invece, l’annuncio di Doohan come prossimo compagno di squadra di Pierre Gasly in casa Alpine per il 2025. Per ultimo, è stato il turno di Liam Lawson, chiamato da Racing Bulls a sostituire Ricciardo per le ultime sei gare della stagione. Seconda opportunità per Lawson che sa di “audizione” per un contratto a partire dal prossimo anno in uno dei team di proprietà Red Bull.
Tutti questi piloti, nonostante la giovane età, hanno già dimostrato di essere abbastanza veloci da non soffrire il salto di categoria. Ma da dove deriva questa inversione di rotta?
Tutto dipende, per gli addetti ai lavori, dal denominatore comune che accomuna tutte queste giovani stelle: sono tutte membri di un Academy di un team di F1.
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Bearman fa parte della Ferrari Driver Academy, Antonelli della famiglia Mercedes da quando aveva 12 anni, Lawson è un pilota Red Bull Junior e Doohan è il primo pilota dell’Alpine Academy a passare in F1 restando in famiglia. Diversa dalle precedenti è la situazione di Colapinto, passato in F1 dopo appena mezza stagione in F2.
I team di F1 selezionano i piloti dell’Academy sin da piccoli, aiutandoli a farsi strada nella scalata verso la classe regina. In più, i ragazzi che ne fanno parte, hanno da subito un assaggio delle dinamiche interne e del funzionamento di un team di F1. La preparazione fisica e mentale che si prevede per loro ricalca perfettamente quella dei veterani della Formula 1.
BRUNO MICHEL: “LE ACADEMY SONO DIVENTATE FONAMENTALI PER LA SCALATA DELLA PIRAMIDE”
Intervistato da Motorsport Week, il CEO di F2 e F3 Michel, ha spiegato perché, secondo lui, Antonelli e i nuovi rookies non soffrono il passaggio in F1.
«In F2 metà della griglia proviene dalle Academy di team di F1. In Formula 3, un terzo della griglia proveniva dalle Academy dei team di F1. Ovviamente, è importante. Numero uno: perché [le Academy] danno ai piloti supporto finanziario per cercare di completare la loro stagione. Ma, soprattutto, le Academy preparano già i piloti all’ambiente di un team di F1, così da essere pronti quando arriveranno in Formula 1.» afferma Michel.
«Doohan correrà per Alpine l’anno prossimo dopo aver lavorato per tutta la stagione quest’anno con il team, nei simulatori, durante i weekend di gara. È in fondo al garage per assorbire tutto durante ogni gara. Anche questa è una preparazione molto importante, che va al di là dell’abilità di guida in sé. – continua il CEO di F2 e F3 – Quando entri in un garage di Formula 1, ci sono circa 60 persone intorno a te e ognuna di loro ha un ruolo molto specifico. Devi capire come funziona. La vita è molto più complicata in F1 che in F2, dove hai solo una dozzina di persone nel tema. In F3 ce ne sono addirittura meno. Anche queste sono cose che devono imparare: gestire la pressione e lavorare con le persone“.
Proprio per questo, ritiene Michel, i piloti che hanno alle loro spalle le Academy hanno un vantaggio nei confronti degli altri: «Forse non nell’abilità di guida – conferma – ma nell’abilità di adattarsi e gestire un ambiente come quello della F1.»
IL SISTEMA A PIRAMIDE FUNZIONA DAVVERO, QUINDI?
«Alla fine, perché esiste un sistema a piramide? – chiede retoricamente Michel – Proprio per preparare i piloti alla Formula 1. Vogliamo assicurarci che, quando entrano in Formula 1, siano pronti. A Baku, due piloti sono saltati dalla F2 alla F1 e si sono dimostrati pronti portando a casa punti importanti.»
«Significa che la piramide funziona, e questo è ciò che conta davvero!» ha affermato poi con forza il CEO delle classi minori.
«Stiamo cercando di assicurarci che l’evoluzione delle vetture della F3 e della F2 sia quella corretta e che i piloti vivano la giusta esperienza, ma non si tratta solo della vettura. È anche il fatto che corrono insieme alla F1 nel weekend di gara: anche il format del weekend è importante.»
«Ci sono molte cose che facciamo per preparare i piloti alla F1. – conclude poi Bruno Michel – I piloti devono iniziare a lavorare con il DRS, devono adattarsi al controllo di gara, al sistema di marshalling. Sono tutte cose per cui i piloti devono essere pronti e che li aiuteranno, quando (e se) arriveranno nei garages della F1 un giorno non si sentiranno completamente persi».
E, osservando i nuovi rookies arrivati in F1, da Colapinto a Bearman, da Lawson ad Antonelli, nessuno di loro sembra spaesato e lo sport ne trae beneficio, facendo arrivare nuove personalità in griglia.
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