Ha attraversato ere e dirigenti, rimanendo dietro le quinte a tenere insieme i pezzi di ciò che accadeva in Ferrari: ecco chi è Gino Rosato.
Gino Rosato è stato per anni una figura centrale in Ferrari, ma invisibile: un uomo fidato, discreto, che operava dietro le quinte, dove gli altri non potevano.
Entrato a Maranello negli anni ’90 durante l’era Todt, Gino Rosato, canadese di origini abruzzesi, è stato testimone silenzioso e attore strategico dell’evoluzione della Scuderia più iconica della Formula 1.
La sua figura, ufficialmente catalogata come “segretario generale”, è rimasta per decenni avvolta in un’aura di riservatezza e leggenda, come quei personaggi di cui tutti conoscono il nome, ma pochi sanno davvero cosa facciano.
Il fixer di Maranello
In un raro intervento pubblico nel podcast Pitstop, Rosato ha finalmente tolto parte del velo su quel ruolo indefinito; eppure, imprescindibile che ha ricoperto per anni.
«Mi definirei un fixer», ha affermato Rosato con semplicità, aggiungendo che era “la mano destra” di ogni team principal passato da Ferrari — da Todt a Domenicali, passando per Arrivabene e Binotto.
«Mi affidavano i lavori sporchi, quelli che non si possono spiegare, ma che qualcuno deve fare», racconta Rosato. “Parlavo con chiunque, sapevo tutto, ascoltavo tutti, ero quello con le orecchie più grandi nel team per potermi muovere tra i vertici, i piloti, gli sponsor, i problemi politici e gli imprevisti da paddock”.
Rosato, però, svela che la sua figura è più comune di quanto si possa pensare: “C’è un tipo come me in ogni squadra, posso assicurarlo. La Formula 1 è come un piccolo villaggio con un mucchio di soldi e di ego, e serve una persona che sappia navigarlo”.
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Rosato non ha mai vantato meriti pubblicamente, ma riconosce con orgoglio di aver aiutato tanti piloti nei suoi anni in Ferrari, testimone una bellissima amicizia nata con Kimi Raikkonen e che ad ogg ancora prosegue.
Tra i vori nomi fatti dal fixer di Maranello, figura poi Charles Leclerc: “Quello che ho aiutato di più”. Rosato ha mantenuto poi il riserbo sulle specifiche di quanto fatto per il monegasco, aggiungendo che gli piacerebbe un giorno ascoltare da Charles stesso l’impatto che ha avuto su di lui e la sua carriera.
Il lavoro di Rosato, quindi, si componeva di fiducia, istinto e capacità di leggere tra le righe. Sempre per il bene della squadra. Sempre nel segno di un mito: Ferrari.
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