Dopo le accuse di misoginia di Susie Wolff, abbiamo realizzato un’intervista esclusiva con la giornalista Diletta Colombo per parlare delle difficoltà e dei grandi passi avanti fatti dalle donne nel mondo dei motori
Solo qualche giorno fa, Susie Wolff ha parlato di misoginia nei suoi confronti dopo l’inchiesta aperta dalla FIA per una presunta fuga di informazioni. Nonostante la chiusura immediata dell’indagine, le polemiche non si sono placate e hanno lasciato emergere le difficoltà che le donne devono ancora fronteggiare. Nasce da qui la nostra intervista esclusiva con la giornalista Diletta Colombo per poter parlare del ruolo e della ricezione che le donne hanno nel mondo dei motori, ancora prevalentemente maschile.
Susie Wolff è stata una delle promotrici per la formazione della F1Academy, primo campionato di corse monoposto tutto al femminile. Quale è stata la ricezione di questo nuovo campionato e quale sono state le reazioni del paddock?
L’iniziativa è stata sicuramente accolta in modo più favorevole rispetto alla W Series grazie ai patrocini di spicco che sostengono questo campionato. Parlare di queste categorie solo femminili è complicato prima di tutto perché anche nelle categorie minori è molto più complesso vedere delle bambine farsi strada. La questione è prima di tutto numerica: se su 100 bambini ci sono solo 3 bambine, automaticamente sarà più difficile, statisticamente parlando, che sia una bambina a farsi notare.
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La prima cosa da fare sarebbe invogliare le bambine a correre con i kart, ma mancano figure di riferimento femminili da cui prendere spunto in tenera età. La F1Academy, proprio grazie alla visibilità durante i weekend di gara di F1, può finalmente far emergere degli esempi da seguire anche per le bambine. In più, grazie all’esposizione mediatica, anche le ragazze della F1Academy potranno finalmente avere degli sponsor, imprescindibili per questo sport.
Personalmente mi auguro che il prima possibile le donne possano avere un ruolo stabile in F1 e, in generale, in tutte le categorie del motorsport. Ma qui devono entrare anche in gioco le famiglie e dare una possibilità alle ragazze proprio come lo farebbero per un ragazzo.
La difficoltà delle donne nel mondo dei motori può essere rimandata alla questione lasciata emergere proprio da Susie Wolff quando ha parlato di misoginia o è bene tenere ben scisse le due questioni?
Credo che il conflitto d’interesse di cui si è parlato riguardo la questione dei Wolff c’entri davvero ben poco con la misoginia. Il vero problema in questo caso è stata l’esposizione mediatica e un articolo nello specifico. Si è detto che se al posto di Susie Wolff ci fosse stata Geri Halliwell (moglie di Christian Horner) non sarebbe successa la stessa cosa. Ma il paragone è assurdo se si pensa che la consorte di Horner è una cantante…
Sicuramente Susie Wolff ha sfruttato anche le conoscenze del marito Toto, ma non va dimenticato che è dentro l’ambiente da anni e che il suo CV parla chiaro e racconta perfettamente tutto il lavoro che ha svolto nel mondo delle corse. Sicuramente per lei è stato frustrante vedere il suo lavoro subordinato a suo marito. Purtroppo, le donne che occupano posizioni di spicco a qualcuno danno ancora molto fastidio…
Fino a poco tempo fa, la presenza delle donne nel motorsport era relegata solo a scopi di immagine. Negli ultimi anni, per fortuna, si vedono sempre più giornaliste, addette agli uffici stampa e figure di spicco in ambito ingegneristico (come la stratega Red Bull Hannan Schmitz). Si può parlare finalmente di un cambiamento radicale per la parità di genere?
Sicuramente non è più come una volta. Quando ho iniziato io, nel 2016, c’erano molte meno donne nel paddock. Adesso ci sono molte più ragazze giovani sia come giornaliste sia come membri delle scuderie. Nonostante questo, il 90% di giornalisti, ad esempio, sono uomini. C’è ancora una grossa sproporzione e molto probabilmente la componente maschile continuerà ad essere prevalente.
Il lato positivo è che le donne si notano, sempre per una questione statistica. Questo può portare ad una maggiore visibilità. Personalmente non mi sono mai sentita discriminata dai miei colleghi, anzi ho sempre percepito un grande rispetto. La cosa importante rimane essere giudicati per il proprio lavoro, non per il genere, femminile o maschile che sia.
Se aumenterà il numero di donne nel paddock, si eliminerà anche il fattore sorpresa. Così, forse, i residui di differenze di genere che possono emergere come nel caso di Susie Wolff verranno messi definitivamente da parte. Ma la strada intrapresa ha già dato i suoi frutti molto positivi e bisogna continuare così.
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