René Arnoux ci ha parlato, in un’intervista ESCLUSIVA, di alcuni momenti della vita da pilota e ha fatto delle osservazioni sulla F1 attuale.
In questa seconda parte dell’intervista ESCLUSIVA a René Arnoux, l’ex pilota di F1 ha parlato della percezione del pericolo, del rapporto difficile con Prost. Si è espresso riguardo alla gestione della Ferrari e all’uso dei social in F1. René Arnoux ha concluso raccontandoci la sua vita dopo la F1.
L’eccessiva sicurezza limita il pilota nel suo essere spericolato?
Il pilota prende sempre i suoi rischi perché la passione è superiore a tutto. Io purtroppo il più caro amico che avevo, Gilles, l’ho visto morire davanti a me. Ero dietro e l’ho visto, mi sono fermato subito e ho visto che era morto sul colpo. Il giorno dopo però ho corso senza pensieri del pericolo. Se tu sali in macchina e pensi che questa passione sia pericolosa è meglio prendere un chiodo per il casco e uno per la tuta e stare a casa, perché si crea una parte del tuo cervello anche inconscia che ti mangia il rendimento nella competizione.
Quando ho smesso non era perché avevo paura, ma perché avevo trascorso il mio tempo. Nello sport arrivi ad un certo punto in cui hai chiesto molto a te stesso, al tuo corpo, al tuo aspetto mentale, e c’è un’usura inconscia.
Lei si è ritirato quando ha capito che non avrebbe più potuto dare il massimo. Finché ha potuto, però, il suo obiettivo rimaneva quello di fare tutto il possibile. E’ stata questa la causa delle sue discordie con Prost mentre eravate in squadra insieme?
Pochi piloti sono andati d’accordo con Prost, io non ci sono andato d’accordo. Ogni pilota ha il suo modo di vedere e di pensare e lo rispetto. Non rispetto la gente che non accetta di avere un altro pilota competitivo al suo fianco. Io ho sempre detto di volere accanto a me un pilota bravo, forte e capace di realizzare l’assetto della macchina.
Ai miei tempi le prove che potevamo fare con le vetture erano illimitate. Quindi eravamo sempre in prova. I test sono molto sottili, perché quando provi diversi tipi di sospensioni sono modifiche molto piccole. Definire bene il vantaggio o lo svantaggio di una determinata soluzione è un processo talmente sottile che non puoi permetterti di sbagliare. Per questo alla mia epoca era fondamentale avere due piloti bravi: sennò fai la metà degli sviluppi. Poi dopo c’è la concorrenza in F1. Eravamo 26 alla partenza, e avevo 25 nemici: il mio compagno di squadra e tutti gli altri.
Come vede la gestione della squadra di Vasseur?
Vasseur lo conosco poco. Il lavoro che ha fatto in Alfa Romeo non si può molto giudicare perché lì non hanno i mezzi e i soldi per sviluppare la macchina. A Maranello hanno tutto. La Ferrari per me è una delle più grandi squadre, se non la più grande.
Leclerc ha deciso di vincere il mondiale solo con una squadra: la Ferrari. Spero che Vasseur abbia tirato fuori una macchina valida ma non voglio parlare prima, aspetto la prima gara per confrontarla con la concorrenza. La Ferrari in F1 sono troppi anni che fa ridere in confronto alle potenzialità che ha. Io conosco sia la fabbrica delle Ferrari F1 che delle stradali, e non vedi tante squadre così.
C’è una piramide, e alla base ci devono essere cinque persone molto valide: ingegnere del motore, ingegnere del cambio, ingegnere aerodinamico, l’ingegnere elettronico e il progettista della scocca in carbonio. Se manca anche solo una di queste figure la vittoria è finita. Invece, se a queste figure si aggiungono delle persone che fabbricano e montano i pezzi, il risultato arriva.
Anche se la Ferrari non sta dando grandi soddisfazioni negli ultimi anni, la Ferrari rimane il sogno di tutti i piloti?
Tutti i piloti che guidano in F1 hanno il sogno di guidare per la Rossa un giorno. Tutti. Si vede con Hamilton, che ha fatto il tuffo per il 2025.
La Ferrari ha un nome di una potenzialità pazzesca. É conosciuta in tutto il mondo, ti faccio un esempio. Arrivo ad Adelaide in Australia per il primo GP della stagione. Esco dall’aeroporto e sento qualcuno che mi chiama. Allora cerco di capire chi fosse quella persona. Era italiano, si avvicina e mi dice: ‘Ti do il mio bigliettino, io sono il pizzaiolo di Adelaide. Vieni tu con i tuoi meccanici. Offro io tutto’. E noi siamo andati. C’è un entusiasmo evidente per questo nome. La Ferrari è il più bel museo al mondo: non c’è nessun altro nome con questo fascino. La Ferrari l’ha fatta Enzo Ferrari, io ho un gran rispetto per lui. Lui ha fatto il sogno della sua vita e non c’è nessuno che gli arriva alla caviglia.
Dicevo, anche Hamilton ha fatto il tuffo. Il suo sogno è di finire la sua carriera in Ferrari, e a me questo dispiace. Avrà 40 anni quando arriverà in Ferrari, e se lui avrà voglia di vincere veramente un ottavo mondiale, io non ci credo. L’età non perdona. Molti dicono che per Leclerc sarà dura, ma se io mi chiamassi Charles oggi sarei soddisfatto. Non penso che Lewis arriverà a livello di Leclerc che ha 26 anni. Hamilton prenderà un sacco di soldi, però io non vedo dei gran bei risultati a livello sportivo. Spero di sbagliarmi.
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Com’è cambiato nel tempo il paddock con l’uso dei social?
Io non vado sui social. Sempre parlando di Hamilton, tu lo vedi lì con i suoi vestiti rosa, gialli ecc. Lui gioca sul fatto di essere considerato una star, ed è una parola che odio. Le star sono gli infermieri, i medici, i pompieri, i carabinieri, tutte queste persone. Io non mi sono mai messo in mente di essere una star, pur guidando per la Ferrari.
Abbiamo iniziato l’intervista parlando di com’è nata la sua passione, ma dopo il suo ritiro com’è cambiata? A cosa si dedica?
Quando sei in F1 sei l’idolo, ma poi sparisci velocemente. Quando ho concluso la mia carriera alla fine del 1989 mi sono detto: ‘L’85% dei miei amici li perderò, e solo il 15% rimarrà.’ E’ stato esattamente così.
Io a metà del 1989 sono andato da Ligier e gli ho detto che mi sarei fermato alla fine della stagione. L’anno dopo i primi 5\6 GP non li ho guardati. Dopo qualche gara ho iniziato a riguardarla, ma adesso non la guardo più. Solo se sono a casa inchiodato perché fuori fa schifo. Perché se tu fai una scommessa sui piloti di adesso non prendi nulla perché sai già chi va a vincere o perdere. E’ diventato un campionato di ingegneria e strategia di gara, e questo diminuisce il valore della competizione.
Dopo due anni ho fatto delle piste di kart coperte in Francia. Dopo ho venduto tutto, e un mio caro amico che per me è come un fratello mi ha detto: ‘René io investo in una ditta che fa dei tappi di plastica per cosmetici. Vuoi entrare con me?’ Allora abbiamo continuato questo progetto, poi l’abbiamo venduto e abbiamo comprato la prima ditta in Svizzera che fa dei componenti elettronici. Da lì abbiamo fatto la fabbrica di orologeria di cui mi occupo e mi diverto. A me piace tanto l’industria. Per me è una passione. Purtroppo le aziende sono molto in difficoltà, ma è sempre l’industria che fa andare avanti il mondo: se tu la togli il mondo crolla.
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Fonte copertina: XPB Images