F1 | René Arnoux racconta in ESCLUSIVA gli inizi della sua carriera e il duello con Villeneuve

L’ex pilota di F1 René Arnoux si è aperto ai microfoni di Paddock News 24 per un’intervista ESCLUSIVA.

In questa prima parte dell’intervista ESCLUSIVA, René Arnoux ha parlato del percorso che lo ha avvicinato alla F1, ha fatto un confronto tra la sua epoca e la F1 attuale, e ha raccontato dei dettagli sullo storico duello a Digione con Villeneuve.

F1 René Arnoux
F1 – GP Digione 1979, duello sul finale tra René Arnoux e Gilles Villeneuve – Fonte: Formula Passion

Com’è nata la sua passione per le corse?

La passione non mi è venuta, ci sono nato. Il primo vero contatto con la guida l’ho avuto a Rimini al mare quando avevo otto anni. Ho visto dei go-kart. Mio papà chiede per farmi girare e gli hanno detto: ‘Suo figlio è troppo piccolo, non mi prendo questa responsabilità’. Questa è stata forse una delle più grandi delusioni della mia vita. Io volevo andare su quel kart. Mio papà allora ha insistito un po’ però lui diceva: ‘No, suo figlio non lo faccio girare’. Allora andiamo via inizialmente, poi io torno dal signore del circuito, che a un certo punto mi ha detto: ‘Guarda, metti un casco, una tuta e vai perché mi hai fatto una testa tanta’. Poi ha tirato la corda e sono partito come se avessi già girato.

Dopo siamo tornati in Francia, mio padre ha visto che mi piaceva tanto. Allora abbiamo fatto il telaio, abbiamo preso un motore da moto e l’abbiamo montato. I weekend mettevamo quattro gomme sulla piazza della stazione e giravamo lì. Da lì ho fatto un sacco di gare nei kart, sono stato selezionato nella squadra francese, ho avuto dei gran bei risultati e insieme a quello facevo anche una scuola tecnica molto valida e interessante, e in seguito ingegneria del motore

Questa conoscenza approfondita del lato ingegneristico le ha portato dei vantaggi anche nelle più alte competizioni?

Quando andavo a Monza non conoscevo nemmeno tanto bene i piloti. Io volevo vedere l’abitacolo dove si inserivano o il motore dato che era appariscente, non come adesso che è coperto dalla struttura aerodinamica. Di quello che ho imparato a scuola, andando in F1 ti dimentichi. Però quello che ho imparato l’ho messo in tutta la parte tecnica che facevo io, perché facevo i miei motori e i miei cambi. Quindi si, all’inizio mi ha aiutato, dopo non più perché ti chiedono solo di guidare, di fare dello sport, di essere in forma e di vincere delle gare.

Ha esordito in F1 a 30 anni, mentre ora i piloti iniziano molto prima. Com’è cambiato il percorso verso la F1?

Sono fortunati perché cominciano molto prima. Io non ho avuto questa possibilità perché ho scelto tardi di iniziare la scuola di pilotaggio a Magny Cours: l’ho frequentata e vinta nel 1973. C’erano 300 allievi, e quello che vinceva otteneva un meccanico, una Formula Renault che è una piccola formula, un box sul tracciato, due motori e due cambi. A quel punto si faceva un campionato europeo da 18 gare.

Arrivare a 30 anni alla mia epoca non era un problema perché si iniziava la carriera più tardi. Adesso ad esempio Leclerc ha iniziato molto giovane, come Verstappen. Io sono andato ai kart a Lonato ed è impressionante, ci sono dei bambini piccolissimi che viaggiano su dei kart ai 100 kmh. Io sono salito su un kart per la prima volta a 8 anni, ma da lì a quando veramente ho iniziato a gareggiare ne è passato di tempo. Quindi si, contento per loro perché iniziano presto e quasi tutti a 40 anni sono in pensione.


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La F1 è in continua evoluzione. Confrontando l’epoca in cui ha corso con la F1 di oggi, quali sono gli aspetti che preferisce di una e dell’altra?

Noi guidavamo le macchine, non c’era elettronica. Le macchine hanno fatto un passo avanti. Ho provato la Ferrari di Schumacher del 2004 a Fiorano, non pensavo che l’antipattinamento fosse una cosa che potesse funzionare davvero. Il volante poi è pieno di pulsanti, ma quelli che servono davvero sono 4/5. Dopo essermi complimentato verso gli ingegneri per la meraviglia tecnologica che avevano progettato ho detto: ‘Il più bel piacere della guida non è frenare e riaccelerare, ma è frenare, riaccelerare e controllare la macchina con il piede destro. Con le macchine moderne non si fa più tutto questo perché è la macchina che lo fa. 

Per il resto, le macchine hanno fatto un’evoluzione dappertutto, e l’aerodinamica è diventata una cosa fondamentale. Prima ci facevano dei sedili adattati al nostro corpo, ora fanno dei sedili che sembrano delle poltrone. Hanno messo un sacco di comfort, che aiuta ad avere la performance che dura di più.  Per me la F1 deve avere l’obiettivo di trasmettere un 30/40% sulle macchine di serie. Adesso infatti molte macchine stradali hanno il cambio al volante. La Renault ha fatto la più grande evoluzione, quando sono arrivato in squadra era l’inizio del turbo, e la gente rideva. Abbiamo sviluppato questo tipo di motore su una F1, e adesso quasi il 90% delle stradali ce l’ha. 

Nel GP di Digione del 1979 vinse il suo compagno di squadra Jabouille. Quella vittoria però fu oscurata dal duello con Villeneuve. Come fu il rapporto con il suo compagno nelle settimane successive?

E’ vero, ha vinto Jabouille, ma il giorno dopo era arrabbiatissimo. Una vittoria porta tanta visibilità, e noi gliel’abbiamo tolta. In Francia ogni giorno esce ‘L’Équipe’, un giornale che parla di sport. Il lunedì esce sulla F1, e nella prima pagina c’era Jabouille con la corona di fiori. Nell’altra, però, c’era una raccolta di foto del mio duello con Villeneuve, e la gente quella volta non guardò la prima pagina: tutti giravano subito. Jabouille non mi ha parlato per due mesi.

Con Villeneuve invece siamo diventati amici subito. Per fare un duello così bisogna avere molta fiducia reciproca, e noi l’avevamo. A 5 giri dalla fine eravamo arrivati ad un livello abbastanza bilanciato: lui con i suoi problemi e io con i miei. Provai a tentare di finire in seconda posizione, ma sapevo che lui non mi avrebbe dato 1 millimetro, e non riuscii. Alla fine della gara pensavano che ci saremmo fatti guerra. Io e Villeneuve, invece, ci siamo stretti la mano sul podio e abbiamo riso da matti.

Una cosa del genere è irripetibile, anche provandoci. Dopo la gara sono andato in sala stampa. C’era uno schermo grande in cui ho visto gli ultimi 5 giri. Io ero più impressionato in quel momento lì che mentre stavo correndo. ‘L’abbiamo fatta grossa’, ho pensato. Questa gara è stata 40 anni fa ma ne parlo tutti i giorni. Se provi a fare adesso un duello del genere ti tolgono la licenza, la possibilità di andare in circuito e la possibilità di parlare dello sport probabilmente: è un peccato. Io sono sempre del parere che la sicurezza sia importante, ma troppa diminuisce lo spettacolo


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Fonte copertina: ferrari.com


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